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VITERBO
Ci sono 15 litri al secondo di acqua termale che da decenni si disperdono nel nulla delle campagne viterbesi. Accade alla sorgente delle Zitelle, dove l’acqua esce da un pozzo scavato nel 1952 dalla società Terni, visto che l'antica via d'uscita è rimasta a secco. Palazzo dei Priori vuole metterci le mani e chiudere con una saracinesca a tenuta stagna il pozzo, in maniera da tenere nel bacino termale il prezioso liquido. Un intervento da 135 mila euro, che il Comune di Viterbo ha previsto in bilancio. La mossa è considerata strategica per dare una risposta ai problemi di acqua termale che si registrano nelle altre sorgenti, partendo dal presupposto che il bacino termale è unico. E quindi se esce meno acqua da una parte ne uscirà di più altrove. In modo particolare si guarda alle Zitelle come possibile giacimento di scorta nel caso che gli esami sui pozzi delle Ex Terme Inps tratteggino una situazione di scarsità di acqua. Per avviare i lavori di chiusura della sorgente che si trova tra le campagne di strada Tuscanese però bisogna attendere un passaggio formale importante: l'affidamento della concessione dalla Regione Lazio a via Ascenzi. “Abbiamo sollecitato la Pisana – racconta l'assessore al Termalismo Enrico Maria Contardo -. Se non ci daranno risposte in tempi rapidi, intendo entro il mese di agosto, a settembre andremo direttamente in Regione per affrontare di petto la questione. Quell'acqua è importante e non possiamo permetterci di tenere fermi 135 mila euro e andare ad accendere mutui per fare fronte ad altre spese preventivate. Sarebbe assurdo, dobbiamo uscire quanto prima da questa situazione”.
Nell’area delle Zitelle era prevista una struttura termale in realtà mai nata e figlia della società Itet. La Itet sbarcò a Viterbo negli anni Settanta. E pur avendo ottenuto il via libera all’operazione e tutte le carte in regola non ha mai iniziato i lavori. Nel 2006 l’Itet deposita, con un ritardo incredibile, in Comune il progetto definitivo. Sono gli anni in cui si inizia a parlare di terzo scalo del Lazio e aeroporto di Viterbo. Il ministero della Difesa aveva già bandito la gara per l’adeguamento della pista d’atterraggio. Quindi, il progetto dell’Itet stava per diventare incompatibile con il futuro ipotetico scalo. E da lì a poco, inizio del 2007, l’Enac (Ente nazionale aviazione civile) comunica al Comune che almeno una larga parte del progetto delle Zitelle è assolutamente incompatibile con lo scalo aeroportuale.
La società poteva chiedere al Comune un terreno su cui edificare la parte incompatibile del progetto. Non lo ha fatto, preferendo puntando a delocalizzare, essendo questa una misura prevista dalla legge, l’investimento su un’area di sua proprietà, quella del Barco. Palazzine al posto di metri cubi di strutture per la ricezione turistica. Si apre una battaglia in consiglio comunale e l'ipotesi sfuma. La concessione mineraria scade e torna alla Regione Lazio. Così dopo quasi settanta anni di chiacchiere e nulla si sta per chiudere una storia e una sorgente che con la sua scomparsa può essere utile al termalismo viterbese.
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